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Come inizia il racconto "Il maestro e Max": "Se ne stava per ore a guardare il parco dall'alto, da una piccola finestra della soffitta, e lasciava che i suoi pensieri insoddisfatti spaziassero su quel mare verde sonnecchiante sotto la tiepida coltre solare. In certi mesi dell'anno il parco sbuffava vapore come un gigantesco ramarro preistorico e di tanto in tanto scuoteva il dorso irsuto di guglie color smeraldo. Massimo immaginava di sorvolarlo scivolando leggero sulle chiome arrotondate degli alberi, di cabrare improvvisamente per immergersi nel fogliame più fitto, fino a confondersi in quello o a nascondersi in un confortevole nido il più lontano possibile dal caos della vita. Lassù nessuno lo avrebbe scovato; su di un olmo secolare o tra i rami sicuri di una grande quercia avrebbe potuto ascoltare più attentamente quel che gli premeva dentro".